La psicosomatica simbolica nella psicologia yogico-tantrica
Materiali
La
concezione simbolica della realtà che caratterizza le medicine
orientali è una diretta conseguenza delle sue basi metafisiche. Se
il tessuto del macro e del microcosmo è energia-pensiero, una
manifestazione tipica di tale energia-pensiero sarà il linguaggio.
L’intera realtà “parla” e lo fa concretizzando il
pensiero-comunicazione in oggetti, ossia creando simboli che debbono
essere decodificati. Tuttavia il simbolo, nella mentalità culturale
orientale è qualcosa di assai diverso rispetto a come viene
considerato nella cultura occidentale. Noi vediamo nel simbolo
semplicemente un segno che “sta al posto” della realtà
significata. Per il mondo orientale, invece, il simbolo, proprio in
quanto cristallizzazione dell’energia-pensiero che l’ha creato,
non si limita a significare qualcosa di diverso da sé, ma ne porta
effettivamente la vibrazione energetica, ovvero l’in-formazione.
Il simbolo non è dunque soltanto segno, ma “segno efficace”, capace di produrre un’azione, di innescare un mutamento in chi lo sa leggere.
Il simbolo non è dunque soltanto segno, ma “segno efficace”, capace di produrre un’azione, di innescare un mutamento in chi lo sa leggere.
Le
ricadute di una simile concezione della realtà sono numerose.
Innanzi
tutto l’intera realtà, compresi gli eventi che accadono a ciascun
essere umano, possono essere letti in modo simbolico, alla ricerca di
un “senso”.
L’atto dell’interpretare – come bene sanno gli ermeneuti – è sempre sostanzialmente soggettivo e costituisce una continua palestra di autoriflessione a cui ciascuno è chiamato.
Perciò, affermare che la realtà è una rete linguistica che si esprime per simboli, significa invitare ogni essere umano che desideri davvero “esistere” a compiere quotidianamente uno sforzo di riflessione, interiorizzazione e ricerca di senso che, già da solo, può produrre preziosissimi risultati di consapevolezza.
Si tratta di una rivoluzione epistemologica, perché mentre in un approccio scientifico (quale è quello anatomo-fisiologico) ha senso chiedersi se una determinata affermazione sia vera o falsa, in un approccio simbolico-linguistico le affermazioni possono essere solamente significanti o insignificanti.
In altre parole, se dico che un individuo ha dolori ad una spalla/scapola a causa di una contrattura del trapezio, dico qualcosa che è controllabile e può essere dichiarato vero o falso facendo opportune verifiche. Se “leggo” un dolore alla spalla/scapola come l’espressione simbolica di un peso (metaforico) che la vita impone di portare, non ha senso chiedersi se ciò sia vero o falso, ma il soggetto viene invitato a riflettere se e quanto una simile situazione sia effettivamente presente nella sua vita.
Quindi il disagio e la malattia, sia essa fisica o psichica, vengono intesi come una comunicazione del soggetto a sé stesso, che dev’essere decodificata e compresa per crescere a livelli più elevati di consapevolezza. In un certo senso, distinguere la malattia e la salute diviene un fatto puramente convenzionale. In realtà esistono solo differenti modalità di comunicazione. Perciò non sono le cose che accadono ad essere rilevanti, ma le nostre interpretazioni di esse e, di conseguenza, le nostre emozioni e reazioni di fronte agli avvenimenti.
Tutto ciò è molto importante perché l’approccio linguistico-simbolico alle problematiche psichiche e fisiche, conduce ad una concezione pedagogica oltre che terapeutica del concetto di “cura”.
In questa accezione curare un malanno non consiste solo nella rimozione del dolore, nel ripristino della funzionalità o nel superamento del complesso, ma nell’integrazione del problema in un orizzonte di senso. Non si è davvero “guariti”, se non si apprende la “lezione” che, attraverso la malattia, stiamo impartendo a noi stessi.
L’atto dell’interpretare – come bene sanno gli ermeneuti – è sempre sostanzialmente soggettivo e costituisce una continua palestra di autoriflessione a cui ciascuno è chiamato.
Perciò, affermare che la realtà è una rete linguistica che si esprime per simboli, significa invitare ogni essere umano che desideri davvero “esistere” a compiere quotidianamente uno sforzo di riflessione, interiorizzazione e ricerca di senso che, già da solo, può produrre preziosissimi risultati di consapevolezza.
Si tratta di una rivoluzione epistemologica, perché mentre in un approccio scientifico (quale è quello anatomo-fisiologico) ha senso chiedersi se una determinata affermazione sia vera o falsa, in un approccio simbolico-linguistico le affermazioni possono essere solamente significanti o insignificanti.
In altre parole, se dico che un individuo ha dolori ad una spalla/scapola a causa di una contrattura del trapezio, dico qualcosa che è controllabile e può essere dichiarato vero o falso facendo opportune verifiche. Se “leggo” un dolore alla spalla/scapola come l’espressione simbolica di un peso (metaforico) che la vita impone di portare, non ha senso chiedersi se ciò sia vero o falso, ma il soggetto viene invitato a riflettere se e quanto una simile situazione sia effettivamente presente nella sua vita.
Quindi il disagio e la malattia, sia essa fisica o psichica, vengono intesi come una comunicazione del soggetto a sé stesso, che dev’essere decodificata e compresa per crescere a livelli più elevati di consapevolezza. In un certo senso, distinguere la malattia e la salute diviene un fatto puramente convenzionale. In realtà esistono solo differenti modalità di comunicazione. Perciò non sono le cose che accadono ad essere rilevanti, ma le nostre interpretazioni di esse e, di conseguenza, le nostre emozioni e reazioni di fronte agli avvenimenti.
Tutto ciò è molto importante perché l’approccio linguistico-simbolico alle problematiche psichiche e fisiche, conduce ad una concezione pedagogica oltre che terapeutica del concetto di “cura”.
In questa accezione curare un malanno non consiste solo nella rimozione del dolore, nel ripristino della funzionalità o nel superamento del complesso, ma nell’integrazione del problema in un orizzonte di senso. Non si è davvero “guariti”, se non si apprende la “lezione” che, attraverso la malattia, stiamo impartendo a noi stessi.
Una
seconda conseguenza dell’interpretazione linguistica della realtà
riguarda invece l’uso terapeutico di oggetti
simbolici. Se un simbolo è una sorta di
canalizzatore dell’energia e dell’informazione dell’entità da
esso significata, può avere un senso “esporsi all’azione dei
simboli”, utilizzandoli sia come strumenti per richiamare alla
memoria valori, eventi (e dunque reazioni e scelte che abbiamo
effettuato), ma anche come vere e proprie centraline di
riprogrammazione energetico/in-formativa.
È questo, per esempio, il modo di operare del Feng Shui o del Vasthu, le “arti dell’abitare”. Se in una zona della casa si è venuta a creare una brutta situazione energetica e in-formativa (ossia c’è energia-pensiero che porta una cattiva informazione), tale situazione può essere corretta sistemando un simbolo opportuno che ricanalizzi buona informazione energetica.
È questo, per esempio, il modo di operare del Feng Shui o del Vasthu, le “arti dell’abitare”. Se in una zona della casa si è venuta a creare una brutta situazione energetica e in-formativa (ossia c’è energia-pensiero che porta una cattiva informazione), tale situazione può essere corretta sistemando un simbolo opportuno che ricanalizzi buona informazione energetica.